FAVIGNANA, LA FARFALLA BATTUTA DAL VENTO
Favignana, due ali di tufo bianco protese nel Mediterraneo. La la regina delle Egadi, la Farfalla di roccia è ogni giorno in balia del Favonio, ma qui amano questo vento che addolcisce il torrido e che di contro appiccica ancor di più il sale sui muri. Perché il vento smuove il paesaggio, anzi è parte di esso, come il carcere borbonico che sovrasta l’isola e il palazzo Florio che invece ne domina il centro.
La vecchia tonnara dei veri, unici re di Siclia, oggi museo e centro polifunzionale.
La Farfalla, riserva naturale (per quanto? Il pericolo trivellazioni incombe) paradiso dei sub, che sott’acqua è ancora più bella che in superficie, è la cultura del mare che c’insegna. Favignana e le sue cave di tufo bianco che s’insinuano sottoterra, e dove oggi, incredibilmente, crescono vitigni e giardini.
Favignana e le sue spiagge rubate alla roccia carezzate da un mare di azzurro tagliente come cristallo infranto. Favignana e le sue due sorelle, Marettimo e Levanzo, coi vuoti straordinari delle loro grotte dalle suggestioni incredibili: il Tuono, il Cammello, gli Innamorati, le Sirene, la grotta del Genovese a Levanzo, dove le incisioni rupestri ci raccontano che qui la pesca al tonno è tradizione lunga 10mila anni.
La Farfalla e la mattanza dei tonni, capitolo che è stato la ragione stessa di Favignana, interrottasi nel 2007 per mancanza di materia prima. Nel 2008 i tonnaroti ci avevano riprovato a calare le reti, con l’intenzione di dare seguito al rito ultrasecolare, pochi esemplari, piccoli, erano rimasti catturati, la decisione unanime fu di restituirli al mare.
Tra maggio e giugno la caccia tramutava l’azzurro in un caldo rosso di morte. Conseguenza della lotta serrata tra uomo e tonno, quasi un corpo a corpo più simile ad una corrida che ad una pesca e che, proprio come la “matata”, conosceva rituali perduti nel tempo. A metà aprile i tonnaroti avevano già montato le reti in attesa del passaggio dei banchi di tonni che lasciavano le acque fredde dell’Atlantico per venirsi a riprodurre nel tepore mediterraneo. A Favignana li aspettavano ingannandone il percorso con camere di rete che l’occhio dell’animale non riesce a scorgere.
I grossi pesci vi entravano, e camera dopo camera, spinti dai tonnaroti giungevano la morte, serrati in un quadrilatero di barche nere da dove venivano arpionati tra grida, canti e preghiere.
“Jachinu u luongo”, Gioacchino Cataldo, è stato l’ultimo capo della tonnara, il rais, che un tempo era anche il capo assoluto del villaggio. Era lui che dettava il ritmo ai tonnaroti che tirano le reti e spingono i tonni verso il quadrilatero del sangue. Ma anno dopo anno la mattanza si è ridotta, i tonni diventati sempre più piccoli e più scarsi, la ricchezza di Favignana impoverita insieme al mare e le grida dal sapore arabo di “Jachinu” destinate a ricordo. Se vi capita d’incontrarlo mentre prendete un aperitivo in centro, toglietevi il cappello, quell’uomo è un monumento.
Si volta pagina. La celebrata vipperia non ha ancora fatto nido stabile a Favignana. Eppure un grande per davvero, e non solo per nome, ha amato quest’isola tanto da farvi più di una casa, anzi vi ha costruito un vero e proprio villaggio, sugli spuntoni di Punta Fanfalo.
Un approdo sorto in epoche non sospette. Erano infatti gli anni Settanta e di villaggi turistici non s’era mai sentito parlare, ma Vittorio Gassman, il genio, anticipò i tempi e creò su questo “pizzo” di roccia biancoavorio un agglomerato di piccole costruzioni perfettamente mimetizzate col paesaggio e rinverdite dagli oleandri, al centro il cuore pulsante di un’arena grecoromana. Un teatro grande, quasi sproporzionato, dove Vittorio, si racconta, non lesinava la sua immensa arte. Poteva capitare che in una pigra sera di mezza estate, una sera qualunque, improvvisamente acquistasse i crismi dell’eccezionalità: il mattatore entrava in scena, e allora sulla platea frivola e vacanziera calava il silenzio.
Oggi Punta Fanfalo, che gli anziani chiamano ancora Villaggio Gassman (nonostante non appartenga più alla famiglia), è nel catalogo delle offerte di un famoso tour operator.
Recuperato, ma non amato dai locali, si presenta in maniera alquanto diversa dal canonico villaggio vacanze.
Un passaggio gastronomico, una puntata nel centro tra un cous cous trapanese, un pesto con mandorle e basilico, una briosche con la granita e un acquisto last minute da Antonio Tammaro (www.anticatonnaradifavignana.com ): bottarga di tonno (ovvero, uova di tonno era il cibo dei pescatori, va tagliata a coltello, sottilissima, mangiata con olio di girasole che non ne copre il sapore; oppure acquistata grattugiata per condire spaghetti e verdure), ventresca di tonno, un vasetto di paté di tonno con arance e un immancabile filetto di tonno rosso stivato a mano, tanto per riportare un po’ di Favignana con sé.
Da non dimenticare un vasetto di miele di cardo e timo. (Antonella Durazzo)
Fonte: daringtodo.com
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